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Imprenditore con crediti verso società in fallimento?

Imprenditore con crediti verso società in fallimento?

Come recuperare i crediti iva e valorizzarli senza attendere la chiusura del fallimento

FALLIMENTO, COME DINOSAURI I CREDITORI CHIROGRAFARI SI AVVIANO ALL’ESTINZIONE

In questo breve intervento, nato dall’insistenza di un avvocato di parte in un fallimento di cui sono Curatore, vorrei chiarire il tema della nota di credito come modalità di recupero dell’IVA da parte del creditore di una procedura concorsuale (assumiamo il fallimento come procedura tipo).

Come noto infatti, spesso l’unica utilità che la procedura fallimentare può portare al creditore chirografario consiste nel recupero dell’IVA a suo tempo versata alla società fallita, si tratta comunque di un buon 22% nella maggioranza dei casi.

Ebbene incominciamo a sfatare una credenza del tutto errata: nelle fonti del diritto le circolari di Agenzia Entrate non sono gerarchicamente superiori alle norme, nemmeno per quanto riguarda le materie fiscali.

L’avvocato di cui sopra, recitava come un mantra la solita circolare AdE (la quale prevede la necessità dell’insinuazione al passivo come condicio sine qua non per il recupero dell’iva su tale credito alla chiusura procedura).

Peraltro dopo circa 20 minuti passati inutilmente a cercare di spiegargli come il diritto al recupero sia garantito secondo la legge e come, anche oggi, vi siano numerosissimi grandi aziende che correttamente applicano la norma emettendo nota di credito prima della  discussione  dello stato passivo (ma attenzione, la procedura in questione richiede una valutazione analitica di infruttuosità ad opera di professionista, producibile in caso di obiezione e dunque in caso di società senza consulente a forfait, potrebbe comportare oneri economici superiori al beneficio), non sono riuscito a convincerlo e dunque ho dovuto spendere del tempo nello studio che adesso in questo articolo pongo a beneficio del lettore che si trovi nella medesima situazione.

In ogni caso anche prima della novità legislativa portata dalla sentenza Corte di Giustizia, di cui si dirà in seguito, vi erano due scuole di pensiero per quanto riguarda l’emissione della nota di credito verso una procedura concorsuale.

Se possibile tralascerò la citazione delle norme in esame, questo articolo è prevalentemente destinato agli imprenditori e bisogna farsi capire da chiunque, spero di poter essere utile a molte imprese che si trovano ad affrontare un cliente insolvente in procedura concorsuale. In questa circostanza i riferimenti legislativi sarebbero solo mero “rumore di fondo”, mi riprometto di limitarli allo stretto necessario.

Tornando al tema principale due erano le tesi principali che si sono fronteggiate per lungo tempo.

 La prima tesi sosteneva che fosse possibile emettere la nota di credito trascorso il termine per le osservazioni al primo stato passivo, previsto dal giudice delegato del fallimento. In tal caso si trattava comunque di un breve periodo, sostanzialmente pochi mesi dalla dichiarazione di fallimento e rigorosamente non partecipando in alcun modo alla procedura, dunque non predisponendo neanche l’istanza di insinuazione al passivo.

La seconda tesi, più prudente, sosteneva invece che il termine da rispettare fosse quello, ben più lungo, previsto dal giudice per le osservazioni allo stato passivo dell’ultima delle udienze prevista per le domande per l’inclusione nello stato passivo della procedura dei “ritardatari”. Anche in questo caso non partecipando alla procedura assumendone l’infruttuosità.

Quest’ultima tesi non mi ha mai convinto molto in quanto molto vicina alla tempistica richiesta da Agenzia delle Entrate, che richiedeva l’insinuazione al passivo e l’attesa infruttuosa dell’ultimo riparto (rectius: dello spirare del termine previsto per l’opposizione allo stesso) o l’attesa del provvedimento  di chiusura della procedura, per poter finalmente emettere la nota di credito, dunque con un periodo di attesa molto simile alla seconda tesi; a mio giudizio in tale circostanza meglio allinearsi completamente per evitare qualsivoglia problema.

Ma entrambe le teorie sopra evidenziate sono state sostanzialmente sorpassate grazie a due accadimenti recenti: il primo evento è di tipo giurisprudenziale europeo e il secondo derivato da un intervento legislativo italiano.

Procedendo con ordine cronologico, esiziale appare la sentenza di Corte di Giustizia, emessa in data 11 giugno 2020 (causa 146/19).

Questa sentenza chiarisce come uno stato membro (trattasi di Slovenia nello specifico, ma essendo paese europeo i principi trovano applicazione in tutta l’Unione) non possa limitare il recupero dell’IVA su credito dimostratosi inesigibile, potendo al più solo cautelarsi verso l’incertezza del pagamento dell’imposta.

Questo vale anche in caso di procedura concorsuale, senza che gli adempimenti interni di questo procedimento di accertamento (nello specifico il procedimento di accertamento del passivo) possa in alcun modo violare il principio generale sopra esposto.

Ne consegue dunque che anche il creditore che non intenda partecipare al concorso (dunque non partecipare alla procedura di fallimento del proprio debitore) sarà titolato al recupero dell’IVA.

Gli effetti di questa sentenza, quando anche gli avvocati e i commercialisti incominceranno ad applicarla nella generalità delle procedure concorsuali porterà a quanto indicato nel colorito titolo di questo breve commento: la scomparsa del creditore chirografario che non presentando istanza si troverà ad avere oggettivamente una moltitudine di benefici, avviandosi, come i dinosauri, alla scomparsa dalle procedure concorsuali.

Tra i vantaggi ci limitiamo a evidenziare che non si dovrà più incaricare un legale/commercialista per l’insinuazione al passivo; si potrà recuperare l’IVA prima di quanti, in concorso, dovranno a mio giudizio attendere che la procedura si concluda essendo parte della stessa con l’inserimento nello stato passivo; risparmieranno in termini di minori costi per l’attività amministrativa tesa al recupero della documentazione necessaria all’insinuazione; più altri vantaggi.

La scommessa potrebbe rivelarsi negativa solo per quei pochi creditori fortunati che partecipano quali creditori chirografari (senza privilegio) al riparto delle procedure concorsuali. Stiamo però parlando di casi che sono la netta minoranza tra le procedure di fallimento, perlomeno nella mia esperienza personale, e con un costo implicito in termini di tempo d’attesa da considerare.

 Da ultimo, tra i vantaggi conseguiti dalla mancata insinuazione, elenco certamente il più rilevante per il creditore: evitare di perdere tempo discutendo con i tediosi curatori, me compreso!

Aggiorno questo articolo con un recente provvedimento di legge italiano. Il Decreto sostegni bis, che prevede per le procedure iniziate dal 26 maggio 2021, che il recupero dell’Iva avvenga a partire dalla data in cui il cessionario o committente dell’operazione fatturata è assoggettato a una procedura concorsuale o dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182 -bis L.F., o dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, comma 3, lettera d), L.F..

In questo caso il legislatore italiano ha preso una decisione risolutiva ma che richiederà quasi certamente ulteriori adempimenti di controllo, come evidenzio nel PS. Il recente provvedimento non fa che confermare la previsione di una progressiva scomparsa dei creditori chirografari dalle procedure concorsuali.

 Se hai bisogno di un aiuto competente per recuperare prima il tuo denaro da crediti incagliati in procedure concorsuali contattaci.

PS: per i colleghi intellettualmente più curiosi pongo “sul tavolo” alcune interessanti questioni. Se quanto da me evidenziato dovesse effettivamente verificarsi come potrebbe essere impostata una procedura concorsuale con la partecipazione quasi esclusiva dei privilegiati?  Come bilanciarne l’equilibrio? Come noto nelle procedure concorsuali solitamente quando è prevista votazione i privilegiati ne sono esclusi (tranne nei casi in cui vi sia rinuncia, ma in generale questa è la situazione). Come dovrà essere impostata la governance in questi casi? Per esempio, qualche collega ha già avuto esperienze di concordato, tanto per citare una procedura, in cui vi siano stati solo creditori privilegiati? (L’ipotesi non è così balzana, sebbene di scuola, in quanto alcuni advisor ho notato che comprano il credito chirografario della procedura per eliminare possibili “interferenze” alla stessa, sebbene la vicenda appaia molto critica. In tal caso, come minimo, il nuovo creditore dovrebbe astenersi da qualsiasi votazione).

E ancora, visto l’elevatissimo rischio di evasione derivante da possibili riparti successivi all’emissione della nota di credito (che renderebbe necessaria l’emissione di una nota di variazione Iva in aumento, nota di addebito) da parte dell’impresa beneficiaria del riparto, sono decisamente convinto che la soluzione non possa che essere un nuovo gravame per il curatore: la segnalazione all’Agenzia delle Entrate dei destinatari di questi riparti successivi alla nota di credito. D’altronde chi meglio del curatore potrà sostituirsi ad AdE per il controllo e la segnalazione specifica? Immagino il rinfocolarsi della polemica per la predisposizione delle dichiarazioni omesse dall’imprenditore nell’anno antecedente al fallimento a carico del curatore, moltiplicato per n volte!